Una questione Italo-Svizzera
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- 10 giu 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 11 giu 2018

Chi si aspetta una tematica di tipo politico, di confine, magari indotto a crederlo dalla roboanza del titolo, è vivamente consigliato di non perdere tempo a leggere quanto segue. La nota sopra scritta si pone solo per rispetto nei confronti del lettore.
Tuttavia chi fosse incuriosito dal seguito è invitato a considerare la unicità delle coincidenze che me ne ha suscitato il racconto.
La vicissitudine avviene a Locarno in un giorno feriale alle ore nove di mattina. Sono in macchina, davanti al posto di polizia cantonale e a cento metri dalla destinazione, una agenzia immobiliare, nota sul territorio, cui presto la mia collaborazione con un collega italiano che guida l'auto.
Il collega si ricorda all'improvviso di avere dimenticato una medicina che doveva assolutamente assumere e telefona a casa col cellulare per farsi dare dalla moglie il nome per acquistarla in farmacia.
Gli dico: “Siamo arrivati, parcheggia e poi telefona”.
Ma niente da fare! Preso dal panico <Spero che mia moglie non sia già al lavoro> smaneggia il marchingegno elettronico e … Fermi noi al semaforo, da dietro un pilastro esce la paletta della polizia.
Abbassato il vetro, dopo un cortese saluto, il gendarme ordina: “Accosti, lei è in contravvenzione!”
Detta così la frase, in perfetto italiano – e non invece come usa da quelle parti in dialetto ticinese che è poi quel dialetto comasco che sulle rive del Lario non si usa più – ma impastato con una farcitura di s-tipo Swich,
ho il presagio di un temporale.
Infatti: mancano solo i fulmini.
“Coglione!, te l'ho detto di parcheggiare, adesso sono cazzi!”. La macchina è la mia e il coglione la guidava con il cellulare incollato all'orecchio. Il gendarme non vuole sentire ragioni del racconto mentitore – che la moglie lo stava chiamando per una questione che lui sapeva essere importante e che non poteva non rispondere…
Intanto : “Non scendete dalla macchina. Sono cento franchi di multa” e, alla giustificazione inventata dal collega: “Va bene! Ma non posso non fare la contravvenzione perché sono qui proprio a intercettare chi usa il cellulare alla guida e per di più sono anche sotto osservazione della telecamera del posto di polizia che sta filmando quello che faccio”.
Si allontana e ritorna dopo dieci minuti di attesa tipo girarrosto <Adesso vi cucino io come si deve fare con voi stronzi Italiani> : “la macchina risulta segnalata: pertanto datemi patente e libretto e seguitemi in caserma”. L'ordine, adesso perentorio, viene eseguito e iniziano le congetture più impensate quanto improbabili.
Cosa cavolo sarà mai successo ?
La multa va bene, ma il resto ?
Qui mi corre l'obbligo di considerare la prolissità del racconto, ma serve per rendere realistico il clima di sospensione che si vive in certi momenti, in condizioni particolari e, per di più, in una Stato straniero dove - è opinione comune dei Comaschi- i Ticinesi non si comportano da gentlemen nei loro confronti.
Entriamo con l'auto nel cortile interno alla caserma e veniamo condotti dentro l'edificio passando attraverso le carceri. Triste presagio !
Siamo scortati da un gruppetto di guardie, come delinquenti fino a prova contraria, e condotti in un piccolo locale con un piantone che con la propria mole occupa tutto lo specchio della porta.
Dalla finestra si vedeva il palazzo dove normalmente prestavamo la nostra attività. Avevamo le chiavi per aprire l'ufficio alle ore nove ed era già trascorsa mezz'ora. La proposta che uno di noi andasse ad aprire fu respinta dall'ufficiale al quale il piantone l'aveva girata. “Si tratta di poche formalità, la multa risulta pagata e tra un po' vi lasciamo andare” . Sì, va bene, ma allora si può sapere perché ci trattenete ?”.
“Stiamo facendo accertamenti, pare che la targa sia stata rubata”. Gli accertamenti sono durati due ore, dopo di che mi viene richiesto, nella mia qualità di proprietario dell'auto se, per caso, conoscessi un certo L.C. di Binago.
Caspita! Sì, ma che c'entra? Anch'io sono nato a Binago e L.C. non solo è un amico, ma addirittura ha lavorato alle mie dipendenze e gli avevo perfino regalato una vecchia barca di legno. Niente meno. Però erano almeno dieci anni che ne avevo perso le tracce. Adesso L.C. abitava ad Arcisate e aveva denunciato il furto della targa della sua auto. Non dell'auto, della sola targa. Un bel casino, perché quel numero di targa coincideva con quello della mia macchina e le due macchine erano state acquistate sette anni prima, più o meno nello stesso periodo.
Mistero ! Non buffo alla Dario Fo' , serio.
Sul far del mezzodì l'ufficiale di polizia ci restituisce i documenti e ci congeda con una sorta di rituale del tipo, mi scuso, ma non mi scuso, perché se non ci fosse stata l'infrazione del cellulare, non sarebbe successo quello che è successo. Aggiunge rivolto a me: “ Non le posso dire altro, ma le consiglio di andare alla caserma dei carabinieri di Olgiate Comasco, dove il maresciallo con cui sono rimasto in contatto finora le darà le spiegazioni occorrenti”.
Fatto! Il maresciallo mi aspettava. Mai visto prima di allora un carabiniere così cortese. Grattava tutti i vetri per scusarsi di un inconveniente che era imbarazzato a giustificare, ma, alla fine capitolò.
Cercava di fare l’impossibile per non creare difficoltà al collega appuntato che aveva compilato il verbale di denuncia del L.C. per il furto della targa della propria auto.
Rimase ancorato a corretta deontologia per cui se lo avessi preteso, sarebbe stato costretto ad arrivare alla chiarezza estrema e in tal caso per il povero appuntato ci sarebbero stati seri problemi. Non avrebbe giovato a nessuno per cui lasciai perdere.
Alla fine il mistero fu chiarito. Buffo ? Direi di sì.
La targa rubata, nei verbali e nella segnalazione dei carabinieri, risultava per errore di trascrizione come DF958ZE. Dopo di che la targa della mia auto era, e lo è ancora adesso, esattamente DF985ZE.
L’appuntato che aveva raccolto la denuncia del furto aveva mescolato i numeri della targa rubata.
Ah, dimenticavo! Il fatto è realmente accaduto.
Che sfiga però!
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