La storia dell’asinello Matteo
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- 14 giu 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 15 giu 2018

P.D. (Passeggiando Domenica), una qualsiasi
Passeggiando per il Paese
Pochi mesi or sono … Ovvero, una giornata festiva, DOMENICA, bella e soleggiata alla fine persino gioiosa in un Paesello per conoscere l’ambiente, mi soffermavo qua e là domandando e chiacchierando con i locali indigeni e loro mi dissero cose strane, ma vere che si vedevano e si vivevano persino! Eh sì; ma a ben pensarci in quel momento anch’io facevo parte del panorama, sebbene in qualità di dissenziente turista. Un certo Giovannino soprannominato “Letta” (per il letame dello stabbio), seduto sugli scalini di casa di fronte alla sua stalla era pensieroso e meditava a tal punto che mi incuriosì e mi sedetti al suo fianco, giusto per fargli due domande.
Gli chiesi subito: “Giovanni, come mai tanti pensieri?”
Mi guardò sorpreso e rispose: “Come, non lo sai?? Davvero in paese non ti hanno detto nulla??”
Risposi: “No, non so nulla!”
e subito lui continuò dicendomi che se avessi avuto tempo, mi avrebbe spiegato. Dopo il consenso incominciò la storia.
La storia dell’asinello Matteo
Arrivò un certo Silvio della macelleria sociale Fabbrica Italiana (lo stesso dove io incontrai il pezzo d’asino per la mia polenta) di una cittadina vicino al capoluogo della provincia di Mamma Benedetta. E si comprò tutti gli asinelli che avevo, (mi diceva il Letta) tra l’altro pagandoli anche profumatamente, adducendo che lui spesso faceva festini, ma il destino di Matteo, l’Asinello rimasto solo, perché lo videro, ma lui se ne andò ed al carico sfuggì, rimase solo, orfano di tutto, incominciò a ragliare piangendo, forte ma così forte che la gente che passava mi guardava in malo modo. Pensando che lo maltrattassi. Ma non era così! Due giorni ininterrotti di questa lamentela, fino a quando un turista partenopeo passò e volle sapere la storia.
Gliela raccontai
e lui mi disse “Ci penso io: te lo farò ridere!”.
Lì per lì la presi come una burla, ma Luigi - così si chiamava tale turista - entrò nella stalla e Matteo dopo pochi minuti si mise a ragliare felice e contento sghignazzando. anche i vicini lo notarono e tutto il paesello viveva in armonia, anche, forse un po’ troppo, giunse dai Boschi un bimba Maria Elena e mi disse che erano fastidiose quelle risate, ed io disperato non sapevo che fare, ma la fortuna sopraggiunse, dopo due giorni, dico due e non più ripassò quel così caro Luigi, che mi chiese l’andamento, gli prospettai il problema, e come l’altra volta mi disse che avrebbe sistemato la cosa, e così fu, entrò ed il Matteo tacque.
Quando Luigi uscì, gli chiesi come avesse fatto a far questo.
Mi rispose semplicemente: “Quando piangeva, gli dissi che gli avrei tolto il foraggio, e così che lui rise, sicuro della propria posizione, e da ultimo per farlo ammutolire, glielo portai via per davvero!”.
Bene insomma! Tutto è bello e bene quello che finisce a vantaggio del popolo che ora si godrà la tranquillità della stalla, ma il Giovannino ripiombò nella sua meditazione fissando quella porta della stalla, dove nella chiave di volta c’era una scritta: Per Dio (abbreviato P.D.)
Beh! … Rimettiamoci in cammino per la prossima esperienza prima che sorella morte mi mandi l’invito di seguirla tra i coperchi e soprattutto le fiamme dei fornelli.
Alla prossima!
Fatti, luoghi e nomi puramente casuali, (l’avventura è capitata veramente).
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