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SCHIZZI STORICI (il prosieguo)

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  • 24 giu 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 2 lug 2018


Schizzo N. 432 –

La complessità di governare il mondo (2)

“THE DONALD” E SUOI NEMICI

Prima di proseguire diamo una occhiata più da vicino al protagonista.

Si dice, si racconta, c’è chi afferma, che Donad Trump abbia costruito la sua fortuna basandosi sul principio che tutto si può sempre negoziare o meglio ri – negoziare.

Anzi, si sussurra, che lui stesso affermi di essere il migliore ri -negoziatore del mondo e che tale sua capacità, tale sua meravigliosa abilità tattica, tale virtù, abbia deciso di metterla assolutamente a disposizione degli USA quale strumento principale per la soluzioni dei problemi strategici degli Stati uniti e del mondo.

Pare che fosse il suo onestissimo (?) metodo di lavoro.

L’immobiliarista, alla fine di ogni lavoro ne contestava la qualità o l’esecuzione, e offriva di chiudere la partita con una sostanziosa riduzione del prezzo, ciò in alternativa a una lunga e defaticante causa legale condotta da una squadra di sceltissimi e coriacei avvocati.

Lo stesso per i mutui, per cui le banche si rifiutano da tempo di averci a che fare.

Nel 2008 in piena crisi finanziaria la Deutsche Bank gli fa causa per un prestito di 40 milioni di dollari che Trump non restituisce. Allora lui contrattacca chiedendo alla banca danni per tre miliardi di dollari, sostenendo che la banca stessa è una dei protagonisti della crisi finanziaria generale che lo sta danneggiando.

La causa si chiude con un prolungamento del mutuo per altri 5 anni.

C’è chi dice, chi racconta ed illustra che Trump sia stato coinvolto in circa 3500 cause civili in qualità di attore o di convenuto.

In campagna elettorale aveva promesso di stracciare sia l’accordo di Vienna ( con l’Iran sul nucleare) che quello di Parigi (sul clima) cosa che ha fatto, sollevando proteste da parte dei suoi alleati perché ambedue gli accordi hanno un risvolto economico fondamentale.

Per l’Iran lo sviluppo dei rapporti commerciali legati alla contemporanea caduta delle sanzioni, e per il clima, pesante è stato il colpo inferto alla Germania in particolare, che ha sviluppato una vasta tecnologia verde che era ormai pronta per esportare.

Come già accennato, la sua visione in politica estera è contestata dallo stato profondo burocratico contro il quale però “The Donald” fatica ad applicare il suo primo principio, cioè quello di affrontare gli avversari uno per uno, per meglio contrattare, cioè ri - contrattare, soverchiandoli col proprio peso, uno alla volta.

La sua lotta contro la burocrazia è stata (ma non è finita) senza esclusione di colpi.

Dapprima ha sostituito ed epurato una miriade di funzionari del Dipartimento di Stato, della Cia, dell’NSA, dell’Fbi e di vari organismi federali in genere. Poi, non riuscendo ad avere le riconferme dalle commissioni del Congresso, non ha a tutt’oggi nominato circa 6 mila funzionari di alto livello che gli spettano, per cui la macchina federale è dominata da facenti funzioni provvisori, l’unico capo sezione del Dipartimento di Stato nominato con gradimento del Congresso è quello europeo.

Interessanti sono i giudizi degli interessati.

John Brennan ex capo della CIA manda un messaggio a Trump: “Quando la tua venalità, turpitudine e corruzione politica diverranno pienamente note, avrai il tuo meritato posto come demagogo nella pattumiera della storia”-

James Comey ex capo dell’Fbi, licenziato da Trump, lo paragona a un padrino mafioso, moralmente inadeguato a occupare la carica che ricopre.

Con questo livello di tensione Trump ha cercato di appoggiarsi al Pentagono, nominando dei generali alla carica di consiglieri con delega per la supervisione settori importantissimi.

James Matis generale dei marines scaccia Michel Flynn da consigliere per la sicurezza nazionale e ci mette il generale Mc Master, allontana il capo di gabinetto e ci mette il generale Kelly.

Ma le sostituzioni non funzionano bene, per cui sostituisce Mc Master con John Bolton e scaccia anche il segretario di stato Rex Tillerson mettendoci Mike Pompeo.

Quest’ultimo era stato messo alla CIA ed era riuscito a impedire una rivolta.

Ma i guai veri per Trump sono solo all’inizio! La questione più grave sta nella prospettiva, cioè nel coagularsi di Stati che si ribellano alle leggi federali.

Capofila della rivolta è la California dove i democratici hanno vinto le elezioni presidenziali con un distacco del 30%. La California è lo stato più importante di tutti, con un bilancio pari a quello dell’Italia, e una opinione pubblica profondamente avversa a Trump.

Lo stato della California ha dissentito su quasi tutte le leggi e disposizioni più importanti volute da Trump avviando 29 cause contro il governo federale in 17 ambiti importanti:

- Protezione dell’ambiente

- Estrazione idrocarburi offshore

- Legalizzazione della marijuana

- Tutela degli immigrati

- Politica fiscale

- Assistenza medica

- Rimpatrio dei bambini di genitori stranieri nati negli USA

- Controllo delle nascite

- Prestiti agli studenti

- Qualità dell’aria

- Affitto del terreno pubblico

- Normativa sul gas naturale

- Ecc.

Se le cause arriveranno alla Corte suprema, Trump avrà un vantaggio dato che ha nominato un giudice del Colorado molto conservatore ottenendo una teorica maggioranza di 5 a 4.

Come ama sottolineare Comey, il Presidente governa come vive, cioè in modo maligno e vendicativo.

Una cosa è sicura, cioè che in questo anno e mezzo di presidenza si è guadagnato una quantità enorme di nemici ad alto livello, come Brown, il potente Governatore della California, mentre però la sua base elettorale non è stata scalfita che in minima parte restando sopra il 40% di gradimento per l’operato del Presidente. E questo anche se sulla strada tracciata dalla California si stanno mettendo diversi altri stati.

Ci sono poi i guai relativi al muro col Messico e quelli collegati ai dazi che, guarda caso, nel momento in cui la Cina prendesse provvedimenti mettendo a sua volta dazi su merce americana tali dazi colpirebbero soprattutto le esportazioni californiane.

Ma ora vediamo di accennare i problemi più ardui, cioè alle maggiori questioni di politica estera visti dal punto di vista del Presidente americano, che addirittura costituiscono veri e propri incubi e minacce geopolitiche alla preminenza mondiale degli USA.

In estrema sintesi gli “incubi geopolitici” sono due e sono localizzati, uno in Europa e l’altro in Estremo Oriente. Si tratta di gruppi di questioni che tormentano i sonni, sia pur in misura diversa, di tutti i Presidenti americani dal secondo Dopoguerra fino ad oggi, momento in cui le dinamiche di quelle zone hanno assunto una rilevanza nuova e una vivacità estrema che gli eventi recenti paiono far precipitare.

8 Lussi esagerati di Donald Trump



(Continua) alla prox

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