SCHIZZI STORICI (il prosieguo)
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- 26 lug 2018
- Tempo di lettura: 6 min

Schizzo 435
La complessità di governare il mondo(5)
"Il fattore decisivo si chiama Giappone?"
Il Giappone è la terza potenza mondiale (con i suoi 3,93 triglioni di dollari di PIL), e nella sua lotta ormai secolare (oggi solo parzialmente sospesa) contro la Cina, appare l’alleato naturale degli USA nel contenimento dell’espansione del colosso di Pechino.
Infatti il Giappone mira al controllo del mare del Nord e al controllo del mare giapponese nel Sud, quindi - come e più direttamente degli USA - mira a contenere la Cina nella sua volontà espansiva .
Il Giappone ha con la Russia problemi territoriali (e pessimi rapporti generali) questo a causa dell’occupazione russa dell’arcipelago delle isole Sakalin al nord dal 1945, e anche con la Cina che detiene l’arcipelago Senkaku nel mare del Giappone al Sud, sempre dal 1945.
(ambedue le situazioni sono legate a giacimento di idrocarburi recentemente scoperti)
Inoltre Tokio mira a Formosa (insieme alle Senkaku) in concorrenza con la Cina che considera la grande isola parte essenziale del territorio nazionale.
Così il Giappone, dopo più di 70 anni dalla fine della guerra, non ha ancora stipulato un trattato di pace con la Russia mentre costante con la Cina è la concorrenza in tutto il Pacifico e in tutta l’Indonesia.
Il Giappone è anche il Paese appeso ai due articoli 9.
L’articolo 9 della dichiarazione del cessate il fuoco con la Russia del 1956, che rinvia le sistemazione dei territori occupati dall’Armata rossa alla stesura di un trattato di pace; e l’art. 9 della Costituzione imposta dal generale Mc. Arthur dopo il 1945, che gli impedisce di avere un esercito e ancor meno di possedere la bomba atomica, articolo ancora condiviso dalla maggioranza dell’opinione pubblica nipponica.
Detta così, la situazione giapponese appare come un inestricabile puzzle, soprattutto se si aggiunge che tra Giappone e Russia esistono le basi naturali e strutturali per una perfetta intesa e complementarietà tra le due economie e che quindi i rapporti tra i due potrebbero essere ottimi, validi e altamente profittevoli, ma che invece restano negativi, e non solo per le questioni territoriali di cui si è detto.

Da ultimo ci sono i problemi coreani, storici ed attuali, di cui abbiamo già detto negli articoli precedenti.
Ma non basta, perché non abbiamo ancora fatto cenno (tanto per incasinare ancor di più il quadro) alla questione fondamentale, che invece va esplicitata e trattata con la massima chiarezza: si tratta della mancanza di autonomia politica del Giappone rispetto agli USA!
Vale a dire, che per quanto attiene alle decisioni politiche maggiori questa grandissima potenza mondiale, ancora oggi, deve sottostare al controllo degli Stati Uniti d’America, anche se adesso sempre di meno.
(e proprio quest’ultima è la grande novità)
Rimaniamo dunque sul punto centrale.
Che cosa ha avuto il Giappone (a causa della guerra persa), in cambio dagli USA per questa sua cessione di sovranità ?
Ha avuto sviluppo economico e garanzia di difesa, ecco che cosa ha avuto! ( e non è poco!)
Oggi però, giugno 2018, parte di quelle garanzie, soprattutto quella della difesa, sta venendo meno, quindi il Tenno si è accorto che quanto allo sviluppo economico ce la può fare da solo perché da molto tempo è già così. Mentre per la sicurezza, va considerato che se la Corea del Nord ora può dominare la regione con missili e ordigni nucleari, e quindi della garanzia statunitense di imbarcarsi in una guerra per la difesa del Giappone, si dubita, anzi, in Giappone non ci si crede proprio più.
Abe, il primo ministro giapponese, nazionalista di destra, ( rampollo di grande ed antica famiglia il cui padre fu primo ministro, e il nonno giudicato criminale di guerra di classe “A”) seguendo la linea dei suoi predecessori, ha sviluppato al massimo la “forza di autodifesa”, cioè l’esercito e la marina nipponica consentite dall’articolo 9, semplicemente dando loro un nome diverso.
Nell’ultimo bilancio statale si nota un altro forte incremento degli stanziamenti per questa forza di autodifesa, ma i tentativi di abolire o reinterpretare alla radice l’art. 9 della Costituzione trovano ancora una ferma opposizione nella opinione pubblica Giapponese.
Supportate dalla flotta di “autodifesa” nipponica e dagli investimenti, è da tempo cominciato il corteggiamento di Formosa in concorrenza con la Cina che la considera da sempre territorio nazionale.
La politica estera giapponese va nella direzione di arrivare al controllo di Taiwan attraverso sia investimenti, sia controllo finanziario, in concorrenza con la Cina.
In questo senso, lo ripeto, è naturalmente un alleato degli USA per il contenimento dell’espansionismo cinese.
Eccomi adesso un ottimo esempio (che può trasformarsi in casus belli?) che lega e dà senso compiuto a diverse osservazioni espresse sopra e negli articoli precedenti e che dovrebbe chiarire il quadro:
nel Mare Cinese del Sud ci sono le isole Paracelso: si tratta di un arcipelago, da tempo cinese, composto da una miriade di isole e atolli che recentemente promettono l’esistenza di un tesoro in idrocarburi, già in via di sfruttamento da parte cinese, dove è stata potenziata l’estrazione nella zona con modernissime piattaforme estrattive artificiali e semi artificiali.
L’arcipelago si trova di fronte al confine cino – vietnamita, e da tempo le isole erano oggetto di disputa con il Vietnam. Quando il Vietnam era diviso in due, Nord e Sud, si ebbe nel 1974, una vera e propria guerra con uno scontro navale tra Vietnam del sud e Cina, vinto dalla squadra navale cinese.
In seguito l’arcipelago fu assegnato definitivamente alla Cina.
Gli USA oggi si son buttati a pesce alimentando e cercando di rinverdire le pretese vietnamite sulle Paracelso.
Adesso va considerato l’insieme della situazione reale:
Il Giappone che da tempo investe in Vietnam,
gli USA hanno, a suo tempo, concordato per i danni di guerra inferti al Vietnam durante la GUERRA il pagamento a rate molto lunghe di una cifra rilevante.
Poi ecco la scoppola che gli americani hanno preso dalla Corea del Nord in campo atomico,
quindi da parte USA la ricerca (che è diventata spasmodica) di altre strade per contenere la Cina.
Mettete insieme a ciò anche le difficoltà economiche del Vietnam, e più il disavanzo verso il Giappone coi suoi investimenti (50 miliardi di dollari nel 2017). Allora si capisce il fatto che sia saltato il contratto tra Vietnam e Cina per l’affitto di 99 anni di tre basi navali sulle coste vietnamite (una al Nord, una al centro, e l’altra al Sud) legate allo sviluppo della via marittima della seta cinese.
Le isole Paracelso sono importantissime, per il fatto che consentono alla Cina di estendere enormemente il limite delle acque territoriali, esattamente come accade in piccolo all’Italia, con l’isoletta di Lampedusa.
In Giappone frattanto s’affaccia la possibilità concreta che si rompano gli indugi e ci si avvii, non ostante le proteste, a realizzare la bomba atomica nipponica.
Gli ostacoli sono diversi, ma non di tipo tecnologico.
Si calcola che il Giappone abbia ampie capacità tecniche al riguardo e che disponga di materiale fissile per costruire la bomba in meno di un anno, e di realizzare facilmente 6 mila ordigni.
Prima deve ottenere almeno un larvato OK dall’opinione pubblica, quindi affrontare i costi relativi, poi inserirle in un sistema d’arma (cioè considerare la dislocazione: mare, terra, aria ecc.?), sono tutti ostacoli che richiedono tempo per essere superati che dipendono anche dal tipo di maturazione del clima internazionale, ma la cosa appare non impossibile.
L’altra dimensione della grande potenza nipponica è quella del “diamante”, cioè dell’unione con Australia, India, USA sempre in chiave anticinese.
Dopo il rifiuto di Trump sull’accordo di libero scambio nel Pacifico è esplosa la contraddizione nel “Diamante” stesso, perché si è disfatto il legame tra i 5, resta solo il Giappone a far da motore a questa alleanza di contenimento volta al negativo.
Mentre la Cina presenta la via della seta come l’unico grande progetto positivo e umano, realmente capace di costituire la grande novità per tutto il secolo e oltre.
Da ultimo ancora sui rapporti Russia - Giappone.
Non ostante la complementarietà delle due economie, come abbiamo detto, l'interscambio commerciale tra i due è limitato e in via di riduzione.
La questioni aperte e insuperate sono due:
1 - la vicenda territoriale e
2 - il condizionamento americano.
Metà della grande isola Sakalin, è dal ’45 occupata dalla Russia, e idem per alcune isole Kiusciù.
Il ritorno alla madre patria di questi territori è per i Giapponesi una questione morale e di orgoglio assoluto, prima che economica. ( Ricordare anche che nelle Sakalin c’è petrolio) Discussioni e incontri se ne sono fatti molti ma la cosa cozza contro i legami che il Giappone ha con il suo tutore americano.
E poi Tokio non accetta la sovranità limitata.
Perché, dice la Russia : OK, si fa l’accordo, i territori tornano al Giappone, ma nessun’arma strategica offensiva deve esservi installata nei territori restituiti, “nunc et semper”.
O meglio, dice sempre la Russia, per questo patto non bastano le parole, ci devono essere delle garanzie militari, non solo firme e giuramenti su una pila di Bibbie.
D’altra parte la Russia è ancor oggi terribilmente scottata dalle folli concessioni di Gorbaciov che permise l’autonomia degli stati ex satelliti sovietici senza garanzie di questo tipo, cioè senza garantirsi che la negli ex satelliti si posizionassero armamenti strategici che minacciassero Mosca. Cosa che invece avvenne,per cui per cui oggi i russi si trovano la NATO praticamente in casa.
Concludendo : ci sono tre punti che tengono fermo il Giappone:
1 – la sicurezza strategica
2 - la questione territoriale
3 - il contenimento cinese
Con la nuova situazione coreana il primo punto è profondamente corroso (per le ragioni coreane dette).
Per il punto 2, se il Giappone diventasse strategicamente autonomo (cioè con bombe A) anche il secondo punto di colpo scomparirebbe, con grandi prospettive di sviluppo in Siberia,
L’unico punto ancora solido e fermo è la volontà di contenere con gli USA, l’antico nemico cinese.
Ecco quindi che il nodo dell’Estremo Oriente è chiaramente in via di scioglimento, per evolvere verso una nuova situazione che il futuro giudicherà.
Alla prossima.
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